IL VOLONTARIO

 

Anche se fosse una persona riconosciuta giuridicamente. Anche se fosse sufficientemente tutelato (considerando ad esempio i rischi nel fare il soccorritore), il volontario è una persona come tutte le altre, né più né meno. Anche se la domenica, invece di andare al cinema o a suonare i campanacci allo stadio,  preferisce passare il proprio tempo sperando che una "campana" NON suoni.
Anche se sembra così bravo da rinunciare al proprio letto per passare la notte su una branda invece di dormire comodo tra due guanciali, il volontario è una persona comune e forse "furba": ha trovato il modo migliore per soddisfare il proprio Ego.
A conti fatti é un Italiano perfetto, unisce l'utile al dilettevole.
L'Italia é il paese dei compromessi (anche se la Croce Bianca NON ne ha mai fatti) e che male c'è a fare del bene a stessi, facendo del bene agl'altri o viceversa? Nulla, è una soluzione.

Spesso la gente accusa i volontari: dicono che si fanno belli e altro. Molti asseriscono che non dicono quello che fanno forse per tale paura o timore di essere giudicati.
Forse non comprendono quanto, alle volte, sono le persone aiutate o soccorse ad aiutare i volontari, invece del contrario. E dunque di cosa dovremmo aver timore?

I volontari non sono delle persone con problemi psicologici o turbe mentali o falliti in cerca del senso della propria vita, perché da quanto ho letto da alcune parti sembrerebbe quasi così.

I volontari sono solo delle persone normali che hanno avuto la fortuna di trovare un modo di fare qualcosa di bello e che cercano di farlo anche bene.
Ma quali sono le armi del volontario? Non sono solo la competenza e lo spirito di abnegazione e la disponibilità. Sono il sorriso e l'ironia.

Il sorriso donato è migliore di qualunque soccorso e l'ironia è l'arma di difesa. Invece quanto riempie il cuore, un sorriso ricevuto...

Comunque niente è perfetto, nessuna organizzazione può esserlo composta da uomini e lavorando in ambito ad un sistema che obbliga, per sopravvivere, a determinate scelte e costrizioni, spese e bilanci, sovvenzioni e non.
Se qualcosa non va, fa parte del gioco, fa parte della normalità, fa parte della vita.

Uno dei motivi che spinge maggiormente qualcuno a non "sentire" più cosa significhi essere volontario è l'abitudine. In altri casi invece è quando una persona pensa maggiormente alla politica che inevitabilmente c'è dietro, rispetto allo scopo per il quale fa volontariato. Questi sono solo alibi, quando subentrano sarebbe bene fermarsi un attimo a riflettere. 

Aggiungo due parole sul volontariato. Comunque la si metta, come qualcuno dice, lo si fa per noi stessi. Perché, è innegabile, c'è un tornaconto.

Spero di trovare le giuste parole: questo tornaconto è dato dalla sensazione di benessere che si prova a dedicare del tempo agli altri.
In tutti i generi di rapporto vige la regola dello scambio, il dare per avere. Sono fandonie la storia che l'amore è solo dare.

Però il segreto penso sia non aspettarsi niente in cambio se non la gioia stessa del donare.
Un sorriso ricevuto da una persona aiutata, un paziente o da un parente, vale di più di mille divise.
Capisco che dopo un po' subentri l'accennata abitudine e forse arriva una fase di "stanca", ma la gioia di stare insieme, di conoscere ed avere nuovi amici, di dire "ci sono anche io, non sono solo uno spettatore di questa vita, ma do il mio contributo", è una grande opportunità. E siamo fortunati ad averla, e quindi non è forse stupido sprecarla? 

Insomma è uno dei modi per essere "artefici" di una parte della nostra vita (si fa per nostra volontà, nessuno ci obbliga).

Forse raggiungere questo tipo di consapevolezza può servire ancora a sentire che questo modo di "donare" è sufficiente per essere bello e farci sentire bene e perché no a dare ancora di più o per alcuni... iniziare a dare. 

Ary