Sono un uomo fortunato
“Il mondo va preso a piccole dosi!”
Con questo pensiero in testa uscii per la strada. La giornata, iniziata da poco
sembrava mettersi al peggio,
perché improvvisamente il cielo s’oscurò.
“’Naggia! Ho dimenticato l’ombrello!”
Pensai, mentre dei goccioloni
grandi come ciliegie cominciavano a bagnarmi la giacca.
Arrivai all’incrocio di corsa, con la borsa a mo di
copricapo per non bagnarmi gli occhiali
e mi rifugiai sotto la pensilina della
fermata dell’autobus.
“Meno male che le hanno inventate…” Stavo per terminare
la frase quando un’auto sfrecciò a pochi passi
dal marciapiede incurante di una
pozzanghera e mi “lavò” completamente.
Ormai non avevo più motivo per rimanere sotto la
pensilina, dunque mi avviai alla stazione
per prendere il solito treno che
immancabilmente ogni giorno mi portava su luogo di lavoro.
< Avvisiamo i signori viaggiatori che il treno per Milano centrale delle 7:35 è in ritardo di 40 minuti,
ci scusiamo per il disagio. >
“Disagio? Per niente! Così faccio in tempo a tornare a casa a cambiarmi e a
prendere l’ombrello.”
Davanti all’uscio mi fermai atterrito. Ebbi la visione delle chiavi appoggiate
sul mobiletto d’ingresso,
non le avevo prese.
Suonai. Ovviamente nessuna risposta, erano già usciti
tutti.
Finalmente realizzai: “Allora è una giornata storta”.
Le giornate storte hanno il loro fascino. Sono giornate di lotta continua
contro ogni evento.
Tutto sembra andare male. Qualcuno da
la colpa al piede sinistro.
Si, dicono che la mattina alzandosi dal letto occorra
poggiare per terra il piede destro prima del sinistro.
“Ah, che insulsi pensieri mi prendono, io non sono
affatto superstizioso!”
E con questo pensiero mi accinsi a tornare in stazione bagnato, ma deciso a non farmi sopraffare
dagli eventi di questa giornata.
< Avvisiamo i signori viaggiatori, che a causa di uno sciopero selvaggio del
personale viaggiante
tutti i treni sono soppressi fino a
domani. >
“Che bello”, pensai, “ho la scusa per non andare in ufficio!”
Rimasi sul marciapiede della stazione, con in mano la
mia valigetta, ad osservare i binari che solitari
si allungavano verso l’orizzonte.
Aveva smesso di piovere e le nuvole indispettite
tentavano di resistere al vento che voleva disperderle.
Squillò il telefono, la segretaria mi avvisa che mi aveva cercato il titolare
che non trovandomi si era infuriato.
“Chi si comporta così non dura più di sei mesi in
azienda!” Tuonava spesso.
Lavoravo di lì da 5 mesi e mezzo.
Il futuro per me era un illustre sconosciuto con il cappello e l’impermeabile.
Non tralasciava vedere il volto se non all’ultimo
momento, quando da futuro passava direttamente al passato.
In quella infinitamente piccola frazione di presente tutto
si decideva, la vita o la morte.
Questo era per me il futuro.
Sono un uomo fortunato, pensai amaramente.
Fine prima
parte
Sono un uomo fortunato (seconda parte)
Dunque, ricapitolando,
non potevo cambiarmi d’abito perché senza chiavi non potevo entrare in casa,
non
potevo prendere l’auto per lo stesso motivo e non potevo andare in ufficio per
via dello sciopero dei treni.
Come prima cosa mi venne in mente di telefonare per avvisare della mia totale
assenza.
Composi il numero
dell’ufficio.
< Siamo spiacenti, è impossibile inoltrare la
comunicazione, il suo credito è terminato >
“Ma come, terminato!” Inveisco ad alta voce, mentre i passanti cominciavano a
guardarmi male.
“Ma se ho l’abbonamento…”.
Chiamo il numero “assistenza clienti” del gestore e aspetto in linea.
Dopo qualche minuto di
messaggi automatici finalmente una voce umana mi risponde.
“Buongiorno sono Luca, in
cosa posso esserle utile?”
Gli raccontai il mio disappunto e per tutta risposta Luca mi disse che aveva
problemi con il server
e
non poteva effettuare alcun controllo.
Ma allora con che faccia
tosta mi ha risposto chiedendomi in cosa poteva essermi utile?
Sconsolato mi avviai allo sportello del bancomat per ricaricare il telefonino,
non
potevo restare senza poter chiamare nessuno. Mi sentivo perso.
Dirigendomi verso la banca non potei fare a meno di pensare a
quando non esistevano i cellulari.
“Ma in fondo non eravamo
più liberi?
Ora se a causa di un
malfunzionamento non possiamo comunicare ci sentiamo persi!”
Arrivato in banca mi assalì il terrore. “E se anche la carta di credito non
funzionasse?”
Rimasi a pensare per 5
minuti davanti allo sportello indeciso sul da farsi.
Una matrona mi svegliò
dal torpore:
“Allora si decide o no,
che c’ho da fà, mica ho tempo da perdere come lei,
barbone!
E vada a lavorare invece
di intralciare la gente onesta!”
Il colmo….
Fine seconda parte
Ary