QUEL PICCOLO BASTARDO

PROLOGO

Uno stupido cortocircuito ha scatenato la reazione, se entro lunedì sera il sistema non sarà ripristinato, il Cern collasserà. La Mer de Glace sarà il primo a sciogliersi a causa del reattore sito al suo interno. A seguito gli altri. Se entro lunedì sera la scheda sarà ripristinata il circuito darlington si riattiverà e l’energia ritornerà ad essere controllata. E nessuno saprà mai come quel piccolo bastardo di un adplumor sbagliato stava per far finire il mondo.

Se state ancora leggendo, significa che la reazione è stata controllata.

John era stravolto quando arrivò all’hotel. Un anonimo alberghetto della periferia francese nel quale non era necessario mostrare documenti.
la stanza era squallida, ma John non se ne curò affatto e si lasciò cadere sul letto esausto.
Non riuscendo a reperire il pezzo di ricambio per tutto il giorno aveva rimuginato e provato mille soluzioni diverse. Ma nulla da fare. Doveva tornare alla base per prendere una nuova CPU (Central Processor Unit) e sostituirla prima del timeout.

Ma ora non poteva; a parte il fatto che fisicamente era distrutto doveva aspettare il momento giusto per attraversare 2 frontiere senza dare troppo nell’occhio. Gli agenti delle dogane potevano creare problemi.
Non gli rimaneva altro che cercare di riposarsi per affrontare l’indomani il viaggio di andata e ritorno. E la sua mente cambiò soggetto.
Quando non pensava al lavoro, un’altra cosa riempiva i suoi pensieri, anzi, una persona: lei.
Lei non conosceva il suo lavoro, non sapeva quali rischi c’erano e soprattutto era lontana (per fortuna). Uno strano legame li univa, quel tipo di legame che rende speciale la vita. Amore? No, troppo banale per entrambi. Era qualcosa di più, era quel desiderio di stare insieme ogni secondo possibile nonostante i mille dubbi ed incertezze. Era il sale che condisce l’esistenza, senza del quale anche un campo di girasoli sbocciati in una splendida giornata dal cielo azzurro, apparirebbe grigio. E questo lo sapeva anche lei.

Il pensiero del rischio che un banale errore di installazione potesse cancellare tutto questo, era insopportabile. John lo scacciò con impeto cercando di ricordare i bei momenti passati insieme sul lago.

Si addormentò così, con il sorriso sulle labbra.

All’alba si risvegliò carico, tornò al laboratorio, infilò la tuta protettiva ed iniziò gli ultimi controlli….




 Quel Piccolo Bastardo (secondo capitolo)



Si addormentò così, con il sorriso sulle labbra.

All’alba si risvegliò carico, tornò al laboratorio, infilò la tuta protettiva ed iniziò gli ultimi controlli….

Non si accorse di un piccolo taglio nella tuta dietro la coscia sinistra.
Arrivato davanti al quadro centrale dei comandi rimase per un istante a fissare tutte quelle lucine accese. Per un attimo gli venne in mente il Natale.

Scacciò con forza quel pensiero e riprese a manovrare i comandi tentando di fermare il count-down.
La visiera di protezione cominciava ad appannarsi segno che il calore avvampava il suo viso. “Strano” pensò di solito riesco a mantenere la calma.

In quel momento si accorse del leggero dolore che provava al sottocoscia, si toccò e si rese conto che la tua era strappata. Per un attimo perse il controllo della respirazione provocando il completo appannamento della visiera. In quella “nebbia” provocata, si ricordò di una frase:

“Non c’è nulla fuori dell’uomo che entrando in lui possa contaminarlo, sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo” (Marco 7, 15)

Contò mentalmente fino a cinque, la visiera si liberò dal vapore acqueo e John si diresse allo spogliatoio. Entrò e cominciò a togliersi  la tuta. Si impose di non tener conto del bruciore che sentiva ormai a tutta la gamba pensando al  garage dove lo attendeva il suo 238. Il 238, così in gergo veniva chiamato, era un mezzo di trasporto terrestre fornito di ogni accessorio possibile e pensabile dalla tecnologia attuale. Compreso un motore da 300HP.

Mentre si stava cambiando sentì un fruscio alle sua spalle.
Si voltò di colpo e non riuscì a capire come mai il rilevatore pirolitico di presenza avesse permesso l’entrata di qualcuno nello spogliatoio mentre era occupato.
 - Ciao John – Disse la donna appena arrivata

John rimase a fissarla così, incredulo e quasi nudo ammaliato da quella voce calda e suadente, da quei capelli corvini e da un paio d’occhi scuri penetranti…
 



Quel Piccolo Bastardo (terzo capitolo)





… Mentre si stava cambiando sentì un fruscio alle sua spalle.
Si voltò di colpo e non riuscì a capire come mai il rilevatore pirolitico di presenza avesse permesso l’entrata di qualcuno nello spogliatoio mentre era occupato.
 - Ciao John – Disse la donna appena arrivata.

John rimase a fissarla così, incredulo e quasi nudo ammaliato da quella voce calda e suadente, da quei capelli corvini e da un paio d’occhi scuri penetranti…
 

- Va bene, hai belle gambe, devo dire perfette, però non è il caso di finire di infilarti le braghe, salutarmi e dirmi perché sei ancora qui? -

John era in preda a migliaia di pensieri e di ricordi. Non l’aveva più rivista da quella volta in riva al lago dove insieme mangiarono un panino seduti sui freddi gradini di pietra.

- Prima di tutto mi dici come sei entrata, il locale era occupato da me, l’interblocco era attivo e  quindi la porta non si doveva aprire.- Rispose John.

- Solo per chi non ha un badge di livello 2, John…- Rispose lei con un tono di voce misto tra il dolce ed il risoluto.

Solo poche persone avevano quel pass, di solito erano quelle che avevano incarichi talmente importanti che non potevano essere fermati da una semplice porta chiusa. Di solito quelle persone avevano il compito di portare a termine missioni “particolari” e di solito “definitive”.

John lo sapeva, come sapeva bene che in questi casi il controllo delle emozioni è fondamentale. Da lì a poco tempo avrebbe saputo se quella piccola stanza di quel laboratorio sito a due km di profondità nel sottosuolo, sarebbe stato il suo inferno o… Il suo paradiso.

E poi guardò di nuovo i suoi occhi.

Per questo motivo, invece di rispondere alla domanda, invece di finire di vestirsi, le si avvicinò con lo sguardo fisso sui suoi occhi. Per questo avvicinandosi si sbottonò la camicia impostando la voce su un tono basso e caldo:- Lo sai che forse non ci sarà un domani, vero?- Le disse mentre la camicia blu scuro finì sul pavimento.

- Sono venuta solo per dirti una cosa che devi assolutamente sapere, John: il tunnel del monte bianco chiuderà alle 19 in punto per una esercitazione, se non passerai entro quell’ora non farai più in tempo... -

John guardo il cronografo da polso che segnava le 17:45.
Con un veloce calcolo mentale concluse che aveva ancora quindici minuti di tempo prima di partire. Quindici minuti che potevano essere il suo paradiso.
Ormai era giunto ad un centimetro dal suo viso e lei non era indietreggiata. Rimaneva calma, imperturbabile. Forse l’avrebbe respinto, forse non avrebbe potuto amarlo per sempre. Forse la vita sul pianeta domani si sarebbe estinta.

Per questo quando le loro labbra si unirono non ci furono ostacoli. Entrambi sapevano. Per questo il vestito di lei non oppose resistenza e scivolò giù finendo sopra la camicia… E quel piccolo spogliatoio divenne testimone di un sogno.

 



Quel Piccolo Bastardo (quarto capitolo)



John doveva impedire l’ennesima catastrofe. Il suo gruppo lavorava per una sorta di Organizzazione Mondiale il cui scopo era quello di mantenere l’intero sistema di ricerca scientifica sempre attivo ed efficiente. Per questo girava il mondo. Per questo sapeva che rischiava la vita ad ogni missione. John era così, viveva alla giornata. A Ginevra un corto circuito stava per far saltare il reattore che da energia al CERN. Ora aveva scoperto che la causa era da un altra parte.....

 

Davanti a quel nuovo ambiente, ancora una volta il destino del mondo era nelle sue mani, così si fermò un istante. Ricordare gli avvenimenti di solito lo aiutava. Con la mente ripercorse gli ultimi giorni, ripensò alla corsa folle fatta verso il Monte Bianco, mentre ancora aveva addosso il profumo di lei, sulla pelle e sulle mani e in bocca il suo sapore.
Era scappato via di corsa come un fulmine e si era diretto al suo 238 parcheggiato nel sotterraneo. A velocità sostenuta, evitando tramite una sofisticata apparecchiatura tutti gli autovelox, arrivò alla dogana svizzero-francese. 
- Niente da dichiarare? - Gli chiese il doganiere.
Lui si levò gli occhiali scuri e rispose, fissando negl’occhi l’agente :- Potrei forse dichiarare che addosso ho ancora il profumo del paradiso?- 
L’agente,  vedendo la sua folta chioma tutta arruffata sorrise e ammiccando disse: - Vada e si sbrighi, il tunnel sta per chiudere-
Arrivò al traforo alle 18.56, quattro minuti prima della chiusura:- Non è che mi lasciate dentro -chiese alla casellante dagl’occhi verdi.
- Non si preoccupi, signore- Rispose. – In caso contrario verrei a recuperarla personalmente. -

- Ci conto – Continuò John, sorridendo con quel suo fare da mezzo furfante e proseguì alla volta dell’ingresso del Tunnel.

Quel che successe dopo è ancora più strano. John fece ritorno all’impianto con il pezzo di ricambio, appena in tempo per sistemare l’inconveniente, ma con suo estremo disappunto si rese conto che il timer non si era fermato, bensì si era allungato di altre 48h, due giorni.

Ed ora si trovava lì a Liverpool nel tentativo di fermare gli eventi scatenati dal “piccolo bastardo” in corto circuito.
I laboratori di quel tipo sono tutti collegati insieme e quando un evento accadeva, la facilità di propagazione verso gli altri laboratori collegati era elevatissima. Ma Liverpool era quello precedente, non quello successivo...

John si trovava di fronte ad una serie di cavi, tubi ed altri elementi che doveva superare senza provocare danni per raggiungere la centrale AP05. Aveva capito che il problema di Ginevra era nato lì e solo lì si poteva risolvere, all’origine.
Munito di tuta, scarpe speciali, guanti e casco di sicurezza iniziò il percorso all’interno del contro-soffitto, sopra i laboratori di una delle più grandi ditte Farmaceutiche del Mondo.
La Novar produceva vaccini. E nei suoi laboratori ad ambiente controllato erano conservati i virus più letali del mondo. Dall’Ebola, alla Meningite fulminante. Dall’Antrace alla famigerata Influenza Spagnola del diciannovesimo secolo e chissà cos’altro.
Se la centrale di controllo collassava, ancora una volta o forse la prima, ci sarebbe stata l’Apocalisse.
 
”L’Agnello immolato apre i setti sigilli”

John si ricordò così delle sette prove che doveva superare prima di arrivare all’unità AP05. Di sicuro chi aveva progettato quel sistema di sicurezza era un po’ ironico. John sapeva che il rischio era quello di immolarsi, ma lo scopo era la salvezza di milioni di vite forse del mondo intero.
Ma John non aveva tutto quel tempo: doveva raggiungere la sua meta in fretta prima del timeout. Allora si ricordò di come si concludeva l’Apocalisse di Giovanni:

Se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro; se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell’albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro (Ap. 22,18-19)”

Doveva semplicemente togliere qualcosa, ma cosa….

Improvvisamente gli vennero in mente le ultime parole della donna che incontrò nello spogliatoio:
- Ricordati del colore dei miei occhi –
Lei aveva occhi scuri bellissimi e penetranti.
John tagliò immediatamente il cavo nero che si trovava proprio davanti a lui. Le luci si spensero ed immediatamente entrarono in funzione quelle blu di emergenza. In quella spettrale atmosfera John si introdusse nel groviglio di cavi e di tubi con la consapevolezza che non ne sarebbe uscito vivo...

 

Quel Piccolo Bastardo (quinto capitolo)



John lavora per un’organizzazione internazionale che si occupa di preservare la conoscenza e la ricerca scientifica nel mondo. Uno strano incidente, accaduto in uno dei laboratori associati, sta per causare a Ginevra un disastro di proporzioni bibliche. John sta lottando con tutte le sue forze per porre rimedio, ma John non è un eroe da telefilm, come Chuck Norris o Mc Gyver e oltretutto deve combattere anche contro le sue umane debolezze….
 
Ora John si trova a Liverpool davanti al groviglio di cavi e di tubi che lo separava dalla centrale di controllo, con la consapevolezza che non ne sarebbe uscito vivo...


Accovacciato e talvolta con il “passo del giaguaro” John arrivò nei pressi della Centrale Ap05 che controllava le porte automatiche.

Doveva by-passare quei controlli se voleva entrare nei laboratori di massima sicurezza biologica della Novar. Sollevò con cautela il coperchio della centrale ed eseguì una serie di corto-circuiti e collegamenti. Infine sentì provenire dal piano sottostante il classico rumore di sblocco di una porta automatica.
John tornò sui suoi passi, si tolse giubba e casco per infilarsi la sua fidata tuta di protezione. Giunse indisturbato davanti alla camera sterile. Nessun tecnico lavorava a quell’ora. Dietro alla porta trasparente una serie di apparecchiature strane emettevano rumori preoccupanti, come del resto era abbastanza inquietante vedere quella serie di cellule embrionali usate per la cultura dei virus dai quali trarre i vaccini. John sapeva che era pericoloso, bastava avere un contatto e non ci sarebbe stato scampo. Ma la posta in gioco era molto più alta. Se entro 24 ore il count down di Ginevra non sarebbe stato interrotto… John si discostò da quel pensiero. Doveva concentrarsi sulle mosse da fare. Una di quelle culture conteneva uno speciale enzima organico in grado di attaccare i cavi elettrici e distruggerli evitando tutte le protezioni di isolamento. John era certo che quella era la causa del continuo malfunzionamento di Ginevra. E vicino alla cultura doveva esserci anche il vaccino…
John non sapeva però dove cercare esattamente doveva leggere tutte le targhette, facendo molta attenzione a non rovesciare nulla. Un rumore improvviso atterrì John che si abbassò di scatto nel tentativo di nascondersi. Era la guardia che passava fuori dal laboratorio per il giro di controllo. Mentre si chinava una fialetta marcata
“H1N1” cadde per terra infrangendosi al suolo in mille pezzettini. La guardia non si accorse di nulla. “Per fortuna ho la tuta di protezione” pensò John.


 

 

Quel Piccolo Bastardo (sesto capitolo)



John si era scordato del piccolo strappo che si era procurato a Ginevra e continuò la sua missione.  Finalmente dietro un pannello trovò un armadio di sicurezza protetto da un dispositivo biometrico ad impronta digitale.
Conosceva bene quell’aggeggio, più fumo che arrosto. Bastava smontarlo e fare un ponticello sul circuito per simulare il comando di apertura della porta. Bisognava sapere esattamente quale, pena l’innesco dell’allarme sonoro. Ma lui lo sapeva.
La testa cominciò a girare proprio nel momento in cui si accingeva a collegare il secondo capo del ponticello.
La vista si annebbiò e gli oggetti si sdoppiarono. “H1N1”, pensò. La terribile spagnola, l’influenza che  fra il 1918 e il 1919 uccise circa 50 milioni di persone nel mondo…

Ma doveva assolutamente aprire l’armadio e procurarsi quel vaccino contro l’enzima organico.  Così, in preda ai sintomi iniziali di quel male terribile, iniziò la sua battaglia. La mente cominciò a non essere più in sintonia con il corpo e cominciò a vagare tra le immagini più disperate: i morti che ci sarebbero stati se non riusciva a porre rimedio, la distruzione, il dolore. Lottò per scacciare quei pensieri, cercando di ricordare gli occhi di lei. Ma la febbre saliva, le lacrime accendevano strani bagliori intorno. Stava per svenire quando il comunicatore emise un segnale, d’istinto accese il monitor. Quello che riuscì a leggere fu abbastanza per ridargli la forza di continuare. Per riaccendere quello stimolo sufficiente a finire quello che aveva cominciato: era un messaggio di lei. Collegò il secondo capo del ponticello e l’armadio blindato si aprì. John prese il vaccino contro l’enzima organico e contemporaneamente si ricordò della cassetta sottovetro che esisteva in ogni laboratorio del genere. Era una cassetta che conteneva l’antidoto contro la contaminazione accidentale. In quel malaugurato caso gli operatori potevano usufruire di dell’antidoto di emergenza. Con enorme sforzo si alzò in piedi, trovò la cassetta proprio di fianco al banco sul quale c’era la fialetta che aveva rotto. Ruppe il vetro, all’interno c’era una siringa ipodermica già pronta in confezione sotto vuoto. Si praticò l’iniezione e cadde sul pavimento senza sensi.

John non sapeva quanto tempo era passato quando si risvegliò. Ma da una finestra cominciavano ad infiltrarsi le prime luci dell’alba.

Scrollò la testa come per scacciare gli ultimi residui di torpore e si affrettò a guadagnare l’uscita. Non era ancora al 100% fisicamente, ma le determinazione era presente, una determinazione alimentata dalla forza di alcune semplici parole lette su di un piccolo monitor.

la vita sarà sempre bella finché si provano emozioni, il dolore può essere grande, la solitudine spaventare, ma mai si è veramente soli se qualcuno ci tende una mano, se la speranza non muore, se il sole splende ed il mare canta.  

Con questo pensiero raggiunse il suo fedele 238 che lo aspettava pronto a correre verso la meta, come fosse il suo cavallo di razza.

Ma a volte le macchine tradiscono, non come i cavalli,  i cavalli mai.
Il 238 non partì e John si sentì improvvisamente stanco, sfinito da tutto quel correre e subentrò la paura, il timore di perdere tutto. In quel momento le grida: - FERMATELO!  

La fronte gli s’imperlò di sudore.  

[10]Allora udii una gran voce nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta  la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli,  colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte.
[11]Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio;  poiché hanno disprezzato la vita fino a morire.
[12]Esultate, dunque, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo».”

Apocalisse Cap. 12

 < Non mi darò per vinto così facilmente > Pensò John. < Il diavolo sarà sconfitto.>


 

Quel Piccolo Bastardo (settimo ed ultimo capitolo)

 

E fu così che il destino di John e forse quello del mondo si stava compiendo.

Il 238 non si accendeva, gli uomini della sicurezza stavano per arrivare. Se non riusciva a fermare il virus, il reattore nucleare di Ginevra sarebbe esploso. Mentre pensava a questo improvvisamente una berlina scura sopraggiunse di corsa e con un testacoda si affiancò al mezzo di John.

-  Forza John, salta su!- Era lei che come sempre arrivava all’ultimo momento per trarlo d’impaccio.
John salì tuffandosi dal finestrino e l’auto sfrecciò via mentre gli uomini spararono. John non si curò del dolore che senti sotto la spalla sinistra.


- C’è un elicottero che ti aspetta, qui dietro sul molo 7, John. – Disse lei. Farai in tempo a portare a termine la missione. Il mondo non è ancora pronto. –

L’Agnello immolato apre i setti sigilli”

John si tastò la tasca interna verificando che la provetta era ancora integra.
L’elicottero, un ultraleggero in lega di titanio, lo attendeva ad un paio di km.

Nessuna traccia degli inseguitori. John prima di scendere, la guardò negl’occhi:- Vieni con me – Disse.
Lei lo ricambiò intensamente per qualche secondo, poi infine rispose:- Non posso, John lo sai. – No, dimmi il perché – Insistette John.  

Poco dopo era sull’ultraleggero in direzione di Ginevra John era solo.

Poche ore di viaggio e atterrò sul tetto del Cern. Era notte. Da un lucernaio riuscì ad entrare, mentre sentiva già che le forze stavano diminuendo. Ormai non si curava più di lasciare tracce e lasciava che una scia di sangue indicasse la sua presenza. Infine il “piccolo bastardo” non era un piccolo pezzo elettronico, bensì un virus studiato per qualche guerra batteriologica, che qualcuno aveva sparso sui conduttori dei circuiti di controllo del raffreddamento del reattore. John sapeva bene come usare il vaccino, bastava salire nel controsoffitto e versare il contenuto della provetta nella canalina dove correvano i conduttori principali del circuito. La forza di gravità avrebbe fatto il resto.
Sarebbe stato semplice, se John non fosse stato ferito, la pallottola si era fermata ad un centimetro dal cuore. E aveva perso già troppo sangue.
Ma doveva farlo, doveva riuscire. Raggiunse il controsoffitto, aprì la canalina e versò il contenuto un attimo prima di perdere la cognizione della realtà.

Cadde. Mentre si sentiva cadere in un viaggio infinito, ricordò le ultime parole di lei. – Non posso John, ma meriti di sapere la verità. -
John sapeva
di lavorare per un’organizzazione internazionale che si occupava di preservare la conoscenza e la ricerca scientifica nel mondo, ma non aveva mai conosciuto chi c’era a capo di tutto. L”Organizzazione” era nata nel medioevo da un gruppo di cavalieri dissociati che avevano ricevuto come compito il più grande sogno concepibile per l’uomo. Un sogno “divino”: la vera “Conoscenza”, quella parte della storia che unisce scienza, tecnologia e misticismo in grado di dare le risposte a tutte le domande dell’uomo. La “Confraternita della Verità” era nata da un gruppo di cavalieri templari. Gli unici in possesso della verità.

Una sorta di soluzione teosofica che avrebbe unito tutte le religioni del mondo insieme alla Scienza per creare in terra il paradiso. Ma nel corso del tempo un gruppo di fanatici aveva pensato che l’unico modo per fare questo era creare un ennesimo cataclisma universale, quello che sarebbe accaduto se il reattore del Cern fosse esploso causando il contagio del Virus a tutte le apparecchiature elettroniche del mondo. Quel gruppo faceva parte della stessa organizzazione per la quale lavorava John.  E lei, la donna che l’aiutò era l’anello di congiunzione tra il mistico e il pragmatico, tra il divino e l’uomo.  Era un ”emissario” Per questo c’era sempre al momento giusto, per questo non poteva andare con John. Il suo posto era troppo importante.

Per questo John morendo sorrise.

 

 

03 febbraio 2008

Ary