Lo zio delle nocciole

Ricordo vagamente la faccia che avevi, non conosco per niente la faccia con cui sei morto.

Nemmeno dei tuoi figli ricordo il viso.

L'unico pensiero che mi rimane di te è il tuo permesso per cogliere le nocciole nel giardino della tua grande casa sopra le collina.

Ero felice di quel regalo di cui non ero in grado di assaporarne il gusto: le mie manine non riuscivano a rompere i gusci.

Allora di quei piccoli frutti proibiti mi riempivo le tasche fino all'inverosimile.
E sul sedile posteriore dell'auto di mio padre le contavo cercando rifugio nella sordità del silenzio.

Siete morti uno dopo l'altro, tu per ultimo.
Vite strane, dure e difficili, piene di dolori, sofferenze e malattie. E lontane.

Ti chiamavano l'"ingeniere". E lo eri. Mi dicevano che insegnavi matematica e che la tua mente era sopraffina.

Ora, tutte le volte che incontreṛ una nocciola, mi ricordeṛ di te.

Ciao zio.

 

Arnaldo