LA FORMICA
Un giorno la formica tornò a casa, aprì la porta, appese il paltò
all’attaccapanni e si sedette sulla sua poltrona preferita.
Era inverno, fuori l’aria sprezzante si divertiva a giocare con i rami spogli,
mentre sulle cime dei monti biancheggiavano le vette.
Che senso ha - pensava ogni sera la formichina - una vita senza gioie?
Tutto l’anno a correre a lavorare e portare a casa il cibo per
l’inverno… senza mai un grazie, una carezza.-
E con malinconia guardava fuori dalla finestra aspettando il suo sogno.
Sognava di essere una farfalla e nella sua mente le immagini erano
così nitide da sembrare vere, in questo modo la formichina trovava la
forza per continuare. Sognava di trovare il fiore più bello su cui un giorno
posarsi. Arrivò l’estate ed il sogno s’avverò: un fiore
stupendo, sbocciato a primavera, proprio quel giorno decise di voltare i suoi
petali verso la finestra della formichina. Lei, che sognava
di essere farfalla, uscì di corsa e s’arrampicò sul fiore. Il fiore gentile
accettò quell’affetto. La formichina era felice. Ogni sera rientrando poteva
stare un po’ sul suo fiore.
... Poi un giorno arrivò l’autunno, il fiore come sua natura, cominciò ad
appassire e non ce la fece più a sostenere il peso della formichina. Ecco, che
come spesso accade quando si realizza un sogno che poi sembra scomparire,
la formica non riuscì a comprenderne il motivo. In fondo non conosceva il
mondo, pensò che il fiore si fosse stufato di lei e quando un
mattino non lo vide più si rinchiuse in se stessa in preda a mille pensieri
cupi. Una felicità trovata come per incanto e come per un sortilegio scomparsa.
Ancora una volta si rifugiò nei suoi sogni nutrendo la
speranza che un giorno il fiore rispuntasse. Povera formica che non capiva
quanto egoismo c’era nei suoi pensieri ma, nonostante tutto, i
sogni continuarono a darle forza.
Ma un giorno s’ammalò, atroci dolori la costrinsero a letto e prese
delle medicine che invece di guarirla le impedirono di sognare, allora la
formichina perdendo anche quella forza, si nascose dentro il suo
egoismo e nel dolore meditò che non valeva la pena di continuare così. Per
fortuna, sovente accade che solo toccando il fondo si possa risalire,
infatti il dolore finalmente cessò e nuova vita ricominciò a
scorrere nella formica che si rese conto di quanta fortuna possedeva.
Superò la malattia e cominciò a ragionare con mente serena. Ora
vedeva il suo sogno avverato come un gran regalo, un dono ricevuto
dal cielo. Guardò fuori dalla finestra e vide che anche l’erba intorno al
fiore era scomparsa e capì. Comprese perché il fiore si era ritirato. Una
nuova forza la pervase: sapeva che un giorno la primavera sarebbe
tornata e di nuovo quel gentile fiore dai petali caldi e morbidi,
così accogliente, così bello, sarebbe rinato. Si appoggiò al davanzale della
finestra e accostando la zampetta alla sua proboscide scocchiò un
bacio in direzione del suo fiore.
Tutti noi potremmo essere farfalle se solo sapessimo rinunciare al nostro egoismo che talvolta offusca il vero significato dei regali che riceviamo. La vita è il più bel dono dell’universo e nonostante il mondo tenti di annichilirla essa rimane grande nell’immensità dell’amore che la pervade. Uno dei modi per essere felici è mai pretendere ciò che gli altri non ci possono dare ed accettare con gioia ogni sorriso regalato. Talvolta occorre toccare il fondo per capirlo.
Ary