IL KEBAB


Esco dall’ufficio trafelato per aver lavorato davvero tanto, la mente fusa e la giacca indosso.

Eh si, è stato un giorno molto pesante, tutto il tempo sono stato a rispondere a comunicazioni di estrema importanza che hanno cambiato la mia vita. Finalmente ho conosciuto il lato oscuro del mio lavoro: non avere un cazzo da fare e rispondere alle cagate che scrivono sui forum di internet.
Ops, scusate il linguaggio: forum non si dice.

Dunque torniamo a noi, ho lisciato il solito amico collega che gentilmente mi da una strappo fino alla stazione mentre io, da buon educato qual sono non gli mando mai il conto della sartoria nonostante lo strappo sia lungo almeno 1 km , e mi accingo a scendere dalla sua odiosa auto. Odiosa perché è bassa e tocca per terra se prende delle buche. - Forse sono io che devo dimagrire… Mah! -
Dunque ecco che vedo in lontananza il binario del mio treno con il convoglio fermo. Sono circa a 100mt di distanza. “Fottiti, treno dei miei stivali, manco se mi pagano corro”, intanto allungo il passo tanto da far concorrenza a Mennea sui 200mt! Faccio per mettere il piede sul marciapiede  quando l’altoparlante della stazione annuncia la partenza. - Tanto ci mette ancora 30 secondi prima di chiudere le porte…-
- Quel bastardo d’un annunciatore di film porno!-  Era in ritardo: il treno stava già movendosi.
- Che diamine faccio ora? Devo aspettare 35 minuti! Grande idea: il KEBAB -

Esco dalla stazione a passo svelto e mi avvicino alla rosticceria turca dove uno spiedo fumante gira in attesa della mia famelica gola.
”Ciao! Fa un turco appena sono entrato nel negozio”. - Bastardo extracomunitario, chi ti ha dato il diritto di darmi del tu?”- Penso da perfetto razzista-perbenista-bigotto-ruffiano ed ipocrita. “Ciao, fammene uno completo!” Esordisco. “E che cosa?” Fa lui, “un panino?”. - No, imbecille rubamestiere immigrato di colore e pure negro! E che mi vuoi fare, un servizietto? Fossi almeno una bella gnocca ci farei un pensierino, ma c’hai i baffi e puzzi di cipolla! – “Si, uno piccante grazie, (buon uomo)”.-

“lo mangia subito?” - NO! Me lo metto in tasca e lo uso come esca per le tarme quando arrivo a casa, per la felicità della mia lavandaia - “Si certo, grazie”.

Dopo un minuto mi propina un panozzo pieno di carne dalla provenienza e tipo imprevedibile con insalata, pomodoro e cipolla fresca. Il panozzo esonda di salsa bianca e rossa da tutte le parti.

“Vuole un tovagliolino?” - No, pezzo di turco-rimba che non sei altro, a me piace sbavarmi la faccia e poi uscire dal tuo negozio lercioso e farmi deridere dal primo pirla di ragazzino che passa! -
”Si, due grazie…”
Mi metto di fronte al bancone con le spalle girate guardando in faccia il muro. - Così mangio da porco senza che nessuno mi vede,-  penso mentre un chilo e mezzo di salsa rossa, esalando l’ultimo respiro, scivola dal panozzo sfiorandomi la scarpa! – Scusa dio dei turchi, per aver offeso i tuoi figli e grazie per non avermi insozzato la scarpa di camoscio.- Non faccio in tempo a finire il pensiero che un pezzo di carne imbevuto di cipolla e salsa bianca mi finisce dritto dritto sull’altra…

Mentre sempre di spalle, fregandomene, inizio ad addentare il panozzo con la conseguente fuoriuscita di: carne, insalata, cipolla, pomodoro e salsa che finisce con l’incipriarmi i lati delle guance per terminare sul tavolino, mi accorgo della signora. Era entrata per prendere un depliant con il menù e mi stava fissando con due occhi sgranati. – Che cazzo hai da guardare, informe barattolo di carne moscia e pure grassa che non ha altro da fare che prendere un lurido menù turco per soddisfare le tue voglie represse? -  Ops, scusate, menù non si dice…
”Posso aiutarla signora?” Le dico mettendo in mostra un bel pezzo di insalata conficcato tra i denti.
”No, no grazie”, fa la signora scappando di corsa dal negozio. Il turco mi guarda male…

Finisco il panozzo rischiando altri due o tre impiastricciamenti ed esco dal locale. Attraverso la strada ed entro nel bar di fronte. “Una birra piccola alla spina” prego. “Vuole anche una rosa?” fa il barista simpatico. Ci mancava anche il barista spiritoso, lui con quel suo grembiule macchiato che pare peggio di quello del turco! “Ahahahah”, faccio io facendo finta di ridere e lo fulmino con gli occhi.

Mi siedo sul tavolino fuori sul marciapiede e, mentre sorseggio una birra che pare fatta con la scopa di saggina tritata, osservo le persone che passano. Ragazze con la minigonna usata (non si sa da chi), uomini con la valigetta (che c’avranno dentro chi lo sa), donne di mezz’età con il trucco sfatto del mattino… Perché al mattino, io non so come facciano a truccarsi sul treno. Entrano nel vagone che sono dei mostri, escono che sono delle fighe. Ops, scusate vagone non si dice.
E la sera? Ritornano mostri peggio del mattino con quel trucco ancora da rifare, ma poi come diavolo fanno non so… Ridiscendono dal treno perfette! Ma dico, porcaputtana, ma possibile che a casa loro on in ditta non abbiamo un bagno? – Scusate sorelle lo sapete che vi voglio bene.
Mentre formulo questi pensieri mi accorgo che il treno che dovrei prendere potrebbe essere già sul binario.
Questa volta corro, non credo che sopravviverei ad un altro KEBAB!

Ary

PS: chiedo scusa per l’apparente mancato rispetto verso il popolo turco che ammiro, come cultura e abitudini, mansuetudine e pacatezza.