DAVIDE

 

Questo è il nome del personaggio che ebbi il piacere di conoscere un giorno, anzi una notte, sul marciapiede di un binario alla Stazione Centrale di Milano.

Era quasi mezzanotte. Entrambi dovevamo prendere il treno per Torino.
Tornavo da Roma con un biglietto scontato, ma che non mi dava l’opportunità di trovare a breve una coincidenza per Magenta. Arrivato a Milano dovevo aspettare un’ora.
La Stazione Centrale è una città dentro la città, piena di storie, di gente e di vita, spesso grama e triste, per non dire disperata. Mentre pensavo a questo si avvicinò un uomo chiedendomi:- Scusi questo treno va a Torino? Mancano ancora tre quarti d’ora alla partenza e non vorrei salire su quello sbagliato e poi si sa, a quest'ora ci potrebbero essere dei malintenzionati.-
Inizialmente lo osservai con diffidenza, in precedenza ero già stato importunato. Ma mi colpì il suo aspetto: ordinato, pochi capelli ma ben tenuti, sguardo sincero. Portava occhiali le cui lenti erano macchiate di “ditate”, come le mie.
“Si”, risposi.” Questo dovrebbe essere il treno giusto, ma non conviene salire subito, non si sa mai…”


Ci accomodammo su una delle panchine di marmo a disposizione sul binario.
L’uomo, ancora non sapevo che si chiamasse Davide, cominciò a raccontarmi la sua storia.
A suo dire stava tornando da Cracovia dove aveva recuperato degli oggetti ex-comunisti, che poi rivendeva ai vari ”mercatini delle pulci” cui partecipava. In verità non gli credevo molto, ma saliti sul treno cominciò a mostrarmi con orgoglio alcuni reperti tirandoli fuori da un borsone. E così vidi un libretto rosso d’iscrizione al ex partito comunista russo, un colbacco con la stella comunista e una dozzina di medaglie militari a stella del glorioso ex esercito sovietico. Mi confidò che il suo hobby era girare il mondo frequentando mercati di ogni genere alla ricerca di oggetti di questo tipo, una vera passione. Dietro i suoi occhi si celava un velo di tristezza, che si mischiava un po’ anche al mio.

 

 Improvvisamente cambiò discorso e mi raccontò la vera ragione del suo continuo viaggiare per il mondo. Come spesso accade questo motivo aveva capelli lunghi e un viso che erano stampati dentro il suo cuore. Mi raccontò che da 25 anni era innamorato di una donna che, come spesso accade, lo considerava solo come l’“amico del cuore”. In questi casi si sa, l’uomo non ha nessuna speranza. Mi disse che non era bellissima, ma che era questione di pelle, di chimica e di ormoni. Così per anni Davide la seguiva, ascoltava le sue confidenze fino ad un bel giorno, quando il dolore per non riuscire ad averla, lo convinse ad allontanarsi.


Mi sbagliavo, gli occhi di Davide non erano tristi, bensì erano velati di gioia.
L’amore di quest’uomo era, anzi è, così grande che non gli importava neppure che lei fosse sposata e avesse figli. Anzi… Ma proseguiamo.
Infatti, mi raccontò che un giorno, dopo lungo tempo, incontrò il suo amore. In quell’occasione si scambiarono i numeri telefonici. Lei gli confidò che stava per separarsi dal marito. Davide cercò ancora di starle vicino. Iniziò così un rapporto fatto di sms e frasi dolci che sebbene lasciassero intendere qualcosa, a Davide non bastavano. Dopo varie telefonate da posti impensati utilizzando tessere telefoniche straniere, sms in quantità industriali, parole e speranze, iniziarono a frequentarsi. Purtroppo, a causa della vita di lei, che avevo compreso, riuscivano a vedersi solo poche volte l’anno, sempre di sfuggita e senza mai finalizzare in alcun modo il loro rapporto.


Davide continuò raccontandomi una cosa bellissima: un giorno incontrò la figlia della donna e, a parte il fatto che la ragazza era identica alla madre da giovane, lui sentiva di volerle bene come fosse sua figlia e che stava bene in sua compagnia.
“Ma come fai ad essere così raggiante?” Gli chiesi, “mi sembra una storia triste”.
- No -, fece lui. – Ancora non ti ho raccontato tutto. – Finalmente settimana scorsa sono riuscito ad incontrarla con un po’ più di tempo a disposizione e a portarla sul mio camper dove vivo. –
Nel frattempo Davide mi aveva anche detto che si era sposato, non aveva figli, ma che era divorziato ed aveva lasciato la casa alla ex moglie.
Insomma, molto emozionato l’aveva fatta accomodare sul camper, dove aveva preparato tutto: lume di candela, buon vino e musica di sottofondo. Molto classico. E gli aprì il cuore guardandola fisso negl’occhi mettendola alle strette.


“E come è andata?” Gli chiesi.
- Bene, dopo venticinque anni. Sono riuscito a baciarla.- E dicendolo gli si illuminò il viso.

Nel frattempo il treno, partito già da un po’, stava arrivando a Magenta, dove dovevo scendere.

“Devo andare Davide, io sono arrivato.” Lui mi guardò strano, non si era presentato e quindi non capiva come facevo a conoscere il suo nome. “ Non ti stupire Davide, me lo hai detto tu, senza volerlo, mentre mi raccontavi la tua storia. Piacere, sono Ary.”

Ci stringemmo la mano con calore, in quei pochi minuti era nata un’intesa tra uomini, un’intesa basata sul sentimento. Mi rammaricai, perché scendendo di corsa non ebbi il tempo di farmi dare il suo numero di telefono. Forse non lo incontrerò mai più. Di lui conosco solo il suo nome, che ha una mamma anziana che abita a Rivoli, che è appassionato di oggetti appartenente all’ex partito comunista sovietico, che ha 42 anni e che da venticinque è innamorato perdutamente di una donna che finalmente era riuscito a baciare per la prima volta solo pochi giorni fa.


Ary