IL CAVALLO COL PIGIAMA

 

 

Ogni mattina si svegliava a fatica in quell’antro buio e stretto, sapeva che anche quel giorno avrebbe dovuto soffrire per guadagnarsi il cibo. Come sempre mise fuori il muso dalla sua gabbia soffermandosi a guardare i compagni.  

Perché io sono diverso?”

Il circo vantava molti cavalli tutti alti e slanciati. Alcuni erano arabi dai vari mantelli diversi. C’era il baio dal bel manto rosso-bruno e splendente, un sauro dal mantello più scuro, due bulgari orientali dal bellissimo mantello nero, composto da peli e crini neri su pelle nera con persino gli zoccoli neri.
Infine la sua preferita: una cavallina albina dal mantello bianco crema, con la pelle rosata e gli occhi azzurro chiaro, probabilmente una purosangue inglese.

Ma lei non lo degnava di uno sguardo.

Lui invece era sgraziato, tozzo e con un ridicolo mantello che assomigliava ad un pigiama.

Mentre osservava i suoi compagni si ricordò che da lì a pochi minuti sarebbe arrivato il guardiano a portare acqua e biada per tutti. Lui era sempre l’ultimo ad essere servito, ma non se ne curava, quello era l’unico momento del giorno dove non veniva maltrattato. Più tardi sarebbe iniziato l’allenamento, così lo chiamava il padrone. In realtà era un addestramento ad eseguire passi e movimenti a comando. E se non fossero stati eseguiti bene avrebbe ricevuto sgridate e frustate. Lui eseguiva i movimenti terrorizzato, pensando che prima faceva bene, prima avrebbe mangiato e dopo, per qualche ora, riposare. Almeno fino allo spettacolo della sera.

Lui così passava le sue giornate. A proposito “Lui” era proprio il suo nome, non un pronome, mentre gli altri cavalli avevano nomi veri, nomi importanti e mitologici. Naturalmente c’erano Pegaso, poi Arvak, Astor, eccetera, fino ad arrivare a Sandy la cavallina albina. A lui invece, visto che era diverso non gli diedero nessun nome vero, per questo era convinto che “Lui” fosse il suo nome.

Un giorno dopo l’”allenamento”, mentre stava gustando la sua porzione di biada, si voltò verso un fievole rumore che proveniva da dietro. Vide il tendone scostarsi ed una piccola testolina sbucare dal nulla. Era un cucciolo di razza umana, dello stesso tipo di quelli che lo deridevano durante lo spettacolo o lo schernivano quando riveniva portato nella gabbia. Spesso qualcuno di loro gli lanciava un sasso.

Che vuole da me?”
Mimmo non era come gli altri suoi stupidi amici che ridevano e sghignazzavano prendendo in giro il mantello di Lui.

A Mimmo invece piaceva e ne era affascinato. Come del resto di ogni cosa che sembrava diversa dal normale.

Lui era terrorizzato e si spostò da un lato. Mimmo allungò una mano per accarezzare quel manto e Lui pensò: “Ecco ora mi farà del male, ma questa volta non lo permetterò.” E si preparò a morderlo. Con suo stupore sentì invece un tocco leggero e un suono dolce uscire dalla bocca del ragazzo. Proprio lì vicino c’era la spazzola che veniva usata per strigliare il manto dei cavalli e mai nessuno l’aveva usata per lui. Il ragazzo la prese e cominciò a spazzolare il dorso di Lui.

Lui era estasiato, mai nessuno lo aveva strigliato e accarezzato. Finito il suo lavoro Mimmo gli accarezzò il muso e lo abbracciò. In quel mentre arrivò il guardiano, Mimmo corse verso il tendone e scomparse nel buco da dove era entrato. Lui era ancora stupito.
In quel periodo il circo era fermo in una grossa città e visto il successo l’impresario contava di rimanerci almeno un mese. Così tutti i giorni Mimmo aspettava la fine dello spettacolo per andare a trovare Lui. A volte gli portava uno zuccherino o una caramella e sempre lo strigliava con la spazzola dei cavalli. Lui per la prima volta in vita sua era felice.

Arrivò la fine del mese, era settembre e il periodo delle piogge si stava avvicinando. Il cielo era ancora bello, striato di nuvole che non vedevano l’ora di unirsi per sfogare la loro potenza.
Infatti il penultimo giorno arrivò il temporale.

Tutti gli animali del circo erano nervosi e soprattutto i felini, che irrequieti, fremevano nella gabbie. Tutti i lavoratori del circo erano agitati, chi correva di qua, chi di là preparandosi alla tempesta cercando limitare al meglio gli eventuali danni. Fu così che distrattamente la gabbia del leopardo non fu chiusa bene.

L’impresario era furioso, quella doveva essere l’ultima sera di spettacolo e per aggraziarsi il pubblico, in modo da poter lasciare un buon ricordo per gli anni a venire, aveva organizzato un grande spettacolo speciale.

Improvvisamente come spesso accade il temporale cambiò i suoi programmi e dopo poche tuonate si allontanò.

Forse il vento aveva deciso di risparmiare il circo. Tutti erano euforici: lo spettacolo si poteva fare.

La gente arrivò in massa. Il circo era pieno. In prima fila naturalmente c’era Mimmo che questa volta aveva pagato il biglietto.

Come previsto lo spettacolo era un successo, gli applausi scrosciavano e il pubblico era entusiasta.
Gli animali però erano ancora scossi e nervosi, soprattutto i felini.
I cavalli erano in pista, giravano con la loro criniera al vento e la testa china bardata a festa.
Lui era l’ultimo della fila, come al solito. Ed il pubblico rideva vedendo che faceva fatica a stare dietro ai purosangue. Ad un certo punto successe qualcosa. Si sentì un trambusto ed alcuni inservienti del circo scapparono urlando. Improvvisamente al centro della pista comparve il leopardo senza nessuna protezione.

I cavalli uscirono di corsa e il pubblico indietreggiò sulla galleria terrorizzato mentre il leopardo, ringhiando, avanzava verso di loro famelico. Lui rimase sul bordo della pista senza capire cosa stava succedendo e guardava Mimmo che cercava di gridargli qualcosa facendo strani gesti. La gente era tutta in alto e guardava la scena impotente.

Il leopardo sempre più minaccioso era a pochi metri da Mimmo e stava per spiccare il suo balzo. Lui comprese e con uno scatto degno del migliore cavallo da corsa, si mise in mezzo tra il leopardo e il ragazzo. Mimmo era pietrificato. Il leopardo schizzò in alto per superare la zebra e avventarsi su Mimmo. Lui s’inarcò sul garrese alzando gli zoccoli anteriori nella migliore prestazione della sua vita. Il leopardo impazzito, colpito da uno zoccolo, cadde a terra, ma non prima di aver sferrato una terribile zampata. Poi rimase immobile al suolo. La gente cominciò ad applaudire. Mimmo si gettò al collo di Lui, ma non arrivò a compiere il gesto. Il collo di Lui era squarciato e perdeva molto sangue. Lui era perfettamente consapevole di tutto. Si avvicinò al ragazzo e i due si guardarono negli occhi.

Intanto gli inservienti correvano ancora. Tutto si svolse in pochi minuti.
 

Per l’ultima volta Mimmo con le lacrime agl’occhi accarezzò il muso di Lui mentre lentamente si stava accasciando.

Sandy, la cavallina albina, finalmente lo stava guardando.

“Sono felice” pensò e chiuse gli occhi per sempre.

Da quel giorno il circo cambiò nome e in onore di Lui si chiamò: “Il circo del cavallo col pigiama
”.



Ary