Pur non dimenticando mia mamma neanche per un istante, quest’anno, per la Festa della Mamma vorrei dedicare un pensiero ad una mamma che non ho mai conosciuto. Su chiamava Rina Dafne Maria, ma mi piaceva chiamarla Dafne.


DAFNE, una mamma mai conosciuta


Era il 31 Agosto 1982. Il giorno del mio congedo militare. All’epoca non ero neanche fidanzato con Francesca diventata mia moglie. Ero riuscito a passare gli ultimi mesi di naia a Milano, dopo che lo Stato Maggiore accettò la domanda di avvicinamento. Il motivo era per le condizioni precarie di mia madre già anziana allora e che viveva sola.

Ma quel giorno ero felice alle 18:00 quando varcai in uscita per l’ultima volta il cancello della Caserma. Una caserma punitiva la Perrucchetti di Milano, punitiva perché mandavano lì tutti gli ufficiali che avevano combinato qualcosa. Di conseguenza il clima interno era dei peggiori, le regole molto ferree. Io stesso, pur abitando a Milano potevo passare la notte a casa solo una volta al mese. Ma sempre meglio di quelli che stavano centinaia di chilometri lontano. Almeno potevo sempre correre in caso di necessità.
Ma questa necessità avvenne solo l’ultimo giorno, proprio alla stessa ora del congedo e non per mia madre.

Francesca era raggiante come me che le corsi incontro all’uscita con la mia divisa da graduato, la fascia e il foglio di congedo provvisorio in mano, era finita. Salimmo in auto decisi ad andare a festeggiare. All’epoca non esistevano i telefonini.
Francesca veniva direttamente dall’luogo di lavoro per cui necessitava di cambiarsi prima di uscire, ed io pure non vedevo l’ora di accompagnarla a casa. Suo padre era molto rigido e non le permetteva di fare tardi la sera, per cui corremmo con la felicità che sembrava riempire il serbatoio al posto della benzina. Per prima cosa accompagnai a casa Francesca: giunti in prossimità del suo portone notammo un’ambulanza ferma davanti. Inizialmente non capimmo, ma subito provammo entrambi una stretta al cuore. Francesca si precipitò fuori della macchina e corse verso casa. Io rimasi in auto anche perché come al solito non c’era posto per parcheggiare. I minuti che passarono furono interminabili.
Poi vidi la barella trasportata dai soccorritori. Un lenzuolo bianco copriva per intero la persona. Non so descrivere esattamente ciò che provai quando Francesca con una voce che non trasmetteva alcuna emozione mi disse semplicemente:- E’ mia mamma.-

Così non conobbi mai mia suocera Dafne, di lei ho solo il ricordo della sua voce al telefono, quando a volte rispondeva prima di Francesca. Era sempre gentile e già sentivo che potevamo avere un bel rapporto.
Purtroppo non ebbi modo di confermarlo di persona, anche se Francesca affermò che le ero simpatico.


Ary