Il sogno sbagliato
Ho indossato l'ignoto come vestito
e mi sono imbarcato verso isole sconosciute
Ho peccato di presunzione e sapienza
senza accorgermi che solcavo ferite mai chiuse.
Ah! Machiavelli, quanti sbagli si fanno in tuo nome:
Non sempre il fine giustifica i mezzi.
Spesso fui da altri additato a giudice
senza mai capire che il primo ad essere giudicato ero io
Mai le mie parole hanno espresso giudizi, bensì speranze
di portare su strade sicure precari veicoli turbati.
Spesso ho sfornato torte dalla crosta bruciata
senza dar modo di scoprire la dolcezza del ripieno.
Ma solo oggi mi accorgo che le parole più dure, più sincere sono spesso
fraintese.. Ed i silenzi...
Ah! i silenzi, quelli indugi tra il "non dire" e il raccontare,
quella vita che, foderata di spine, non ha maschere di sorta, non ha bugie
raccontate, ha solo una sua forma diversa.
Esiste una cosa che si chiama riservo, che si chiama rispetto, che sia chiama
anche amore, un amore diverso e insufficiente.
Quell'amore per le scelte prese, le responsabilità affermate e per quella
valenza di uomo a cui un uomo non può rinunciare per il proprio egoismo.
Ecco il sogno sbagliato, quello che forse non ha diritto di essere né di
esistere.
Un sogno che va aldilà dei normali concetti onirici.
Un sogno che supera il proprio io ma che non ha ragione di essere perché non ha
il diritto di superare null'altro.
Un sogno che non ha diritto di esistere perché il grano maturo è giallo come
il ricordo in lenzuolo.